GIOIELLO IDEALE

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2023/03/10

Celebrando l'8 marzo con Isabella d'Este

Isabella d’Este o marchesana e duchessa delle Arti, amante del Bello, dell’Antico, del Moderno, Musa ispiratrice per i poeti, Esempio indiscusso di eleganza e innovatrice nella Moda. Ottima stratega e abile diplomatica visse e illuminò come Primadonna la parte centrale del Rinascimento Italiano ed Europeo. Nacque a Ferrara il 17 maggio 1474 da Ercole d’Este e Eleonora d’Aragona, crebbe tra Ferrara e la corte napoletana, amatissima bambina, adorata dal padre che si preoccupava non venisse punita se non si applicava nello studio. Certamente Isabella nello studio si applicò a tal punto da conoscere le lingue antiche e moderne, e naturalmente le opere dei poeti che  amava recitare e declamare.  Isabella fu una ricercatrice e collezionista appassionata di antichità , rarità e splendori archeologici, nella sua collezione nello studiolo della Grotta di Corte Vecchia conservava il” Cammeo Gonzaga “.

Un capolavoro della glittica romana , come fu registrato nel Codice Stivini nel 1524. È un cammeo di Sardonica , che è una varietà di Agata,  di grandi dimensioni, circa cm14 per 16,  intagliata con due profili maschile e femminile sovrapposti, bellissimi,: in primo piano quello maschile,  forse Alessandro Magno per la presenza dell’elmo laureato e le due spille una con testa di Gorgone e l’altra di Zeus  a mò di leonte sulla spalla, ma la presenza di un serpentello attorcigliato  sulla ghirlanda rimanda ad un ureo egiziano, per cui rimette in discussione l’interpretazione del  rappresentato. Questo gioiello conquistò Isabella che lo comprò e rimase nelle collezioni gonzaghesche fino alla 1631 quando fu ceduto a  Vienna come bottino di guerra per poi comparire nella collezione della Regina Cristina di Svevia e successivamente nelle collezioni papali, per essere requisito con la pace di Tolentino da Napoleone che lo donò a Giuseppina che a sua volta lo regalò allo Zar Alessandro I. Giuseppina Beauharnais ricevette lo Zar alla Malmaison in una giornata invernale e nevosa, indossava uno splendido abito di raso bianco troppo leggero per quel freddo, per cui si ammalò di polmonite e dopo pochi giorni morì. Da quel giorno il“Cammeo Gonzaga” è conservato in Russia nel museo dell’Ermitage. Isabella amava circondarsi di oggetti meravigliosi, i più belli, rari e preziosi, che cercava tramite una capillare rete di informatori. Grazie al fondo custodito presso l’Archivio di Stato di Mantova composto da più di 30.000 lettere manoscritte possiamo ricostruire la storia della Marchesana che divenne  duchessa. Era cresciuta a Ferrara ammirando le opere del Pisanello, in modo particolare le medaglie abituandosi a riconoscere la bellezza dell’opera. Ambì, desiderò essere ritratta da Leonardo,
ma oltre ad un disegno non riuscì ad avere. Invece lo scultore Gian Cristoforo Romano nel 1505 la immortalò in una bellissima medaglia d’oro, di profilo con i cappelli raccolti in un leggiadro nodo sulla nuca e scrisse:  “è più una medaglia d’oro con la effige di Madonna, bone memoria, quando sua signoria era giovane, con lettere di diamante attorno che dicono “Isabella”  con rosette smaltate di rosso, e contorno di rosette ,smaltate di bianco e azzurro, et de rovescio una Victoria di rilievo”. All’apice compare la lettera M incoronata  ad indicare Marchesa di Mantova. Questa medaglia d'oro unica è di particolare interesse, poiché non sopravvivono insegne di casa Este o Gonzaga, né altri preziosi ornamenti personali. Il notaio di corte Odoardo Stivini nel 1542, a tre anni dalla morte della marchesa di Mantova, ebbe l’incarico di inventariare le opere conservate nello Studiolo di Palazzo Ducale. Le 236 voci dell’elenco testimoniano il gusto estetico e il “furore” collezionistico della Marchesana. L’Inventario delle Robbe di Isabella d’Este , detto “il Codice Stivini” è un manoscritto di 24 carte in inchiostro di seppia su pergamena, decorato a minio e a foglia d’oro, rilegato in pelle con impressa una cornice dorata.
Fra i tanti gioielli, pietre preziose, monete antiche e medaglie di Pisanello, vetri e ceramiche decorate, tessuti finissimi, spiccano le sculture greche e romane o di Michelangelo, bronzetti dell’Antico, dipinti di Andrea Mantegna, Giulio Romano, Correggio, Francia e Perugino. Tiziano dipinse il ritratto di Isabella immortalandola mentre indossa uno ”zibellino” e una “capigliara”, due capi di abbigliamento di sua invenzione che ebbero un successo incondizionato in tutte le corti. In una lettera del 1501 scrive a Giorgio Brognolo per avere 12 zibellini da Venezia, uno dei quali a testa intera perché voleva fare un manicotto che avrebbe “dato da commentare”. Aveva ideato che l’animale, ravvolto a tamburo, poggiasse la testa presso la coda: la testa sarebbe stata incrostata di oro e per gli occhi avrebbe fatto cercare due rubini “senza foglia” e di un “rosso molto infuocato”. Numerosissime furono le dame che si fecero ritrarre indossando su una spalla questa pelliccia, che diventò in breve indice di nobiltà, ricchezza,
modernità, inoltre proteggeva dalle punture delle pulci, vera piaga del Rinascimento, che si intrufolavano nel pelo, dando sollievo a chi la indossava. La dimostrazione di come questo capo di abbigliamento avesse riscontrato un successo incondizionato e duraturo lo possiamo vedere nel grande ritratto della famiglia Gozzadini dipinto da Lavinia Fontana ben ottantatré  anni dopo, nel 1584. Ulisse Gozzadini affiancato dalle sue figlie Laudomia e Ginevra e alle loro spalle i cugini-mariti, vuole fare rappresentare la sua famiglia, i valori morali e il suo status-sociale e Lavinia Fontana con grande bravura ci riesce attraverso la descrizione delle fisionomie, degli abiti e dei gioielli. In questo dipinto possiamo ammirare stupendamente dipinti i due “zibellini”
che entrambe le ragazze indossano con grande sussiego. Isabella tempestava di richieste i suoi fornitori come quando scrisse a Leonardo Bertolino a Venezia  raccomandandosi di mandarle animali interi che soprattutto abbiano la testa da tenere tra le mani, e che dovevano essere bellissimi perché belli ne possedeva in gran numero. Il gioielliere doveva poi realizzare una testa d’oro  o d’argento col muso e tutti i lineamenti ben definiti e impreziositi  da pietre preziose o smalti, a volte una catena d’oro tra i denti dell’animale serviva per legarlo in cintura. Così la “capigliara” un'acconciatura inventata seguendo l’ora della moda alla turca che in quel periodo si stava affacciando nell’abbigliamento. In realtà era una sorta di berretto di stoffa, capelli, nastri, catene, spille che a mo di parrucca veniva indossato. Nel dipinto di Tiziano  Isabella indossa la capigliara ed ha una spilla molto bella proprio al centro della testa all’altezza della attaccatura dei capelli. La capigliara è una acconciatura per il capo pesante e fastosa, è una rete a ghirlande intrecciate, a ciambella o sferica, inizialmente realizzata con capelli intrecciati a nastri di seta e punteggiati di perle o da un filo di metallo prezioso, poi diventa sempre più sofisticata trapuntata di gemme e decorata con le “insegne”vistose medaglie che riportano motti o simboli alchemici, realizzati come superbe gioiellerie. Le insegne erano utilizzate sia dagli uomini che dalle donne indifferentemente e il gioiello diventa sempre più completo… e complesso.  Donna moderna attenta anche alle evoluzioni tecnologiche nei mezzi di trasporto, usò nel periodo trascorso a Roma una carrozza molleggiata sontuosamente rifinita che aveva suscitato l’ammirazione di tutti, per la bellezza e la modernità dei suoi congegni. Il cocchio era a cassa sospesa e ondulante introdotto in Italia  dall’Ungheria da Ippolito d Este , Pietro Bembo  la definì” una non meno bella che nuova apparizione.”A Roma Isabella raccolse  una quantità incredibile di oggetti preziosi e antichi  per la sua collezione mantovana.
Roma invasa dai Lanzichenecchi era messa a ferro e fuoco, bisognava fuggire e  grazie all’intervento del figlio Ferrante Gonzaga riuscì a scappare da palazzo Colonna dove viveva imbarcando sui due Burchielli di Andrea Doria tutte le preziose “anticaglie” e il suo stupefacente guardaroba che dal porto di Civitavecchia dovevano raggiungere Pisa via mare. La partenza  fu rimandata di alcuni giorni per le avverse condizioni del mare, Isabella preferì viaggiare via terra e lasciò solo due servitori a guardia del suo tesoro.  Isabella passando da Urbino, Pesaro, Ravenna dove comprò un piccolo Ercole di bronzo e giocò alla” primiera”, a Ferrara dove fu acclamata e accolta dai parenti, il 15 giugno 1527 giunse a Mantova a bordo della nave messale a disposizione dal fratello Alfonso mentre il popolo l’ acclamava  e le campane suonavano a stormo. Isabella “ vestita con abito da cavalcante”, come scrisse il suo segretario Gian Francesco Tridapale “veramente ad ognuno è parsa tanto bella che ha dimostrato aver temuto poco gli spaventosi travagli e gravi incomodi patiti da lei in Roma e nel viaggio”. L’attendeva una amarissima sorpresa:  il 24 maggio pirati tunisini  tra Talamone e Grosseto avevano arrembato e depredato i Burchielli. Isabella tentò in tutti i modi di recuperare, riscattandolo, una parte del suo tesoro a cui erano aggiunti preziosi arazzi provenienti dal Vaticano, disegnati da Raffaello e di proprietà del figlio Ferrante. Un colpo tremendo per Isabella che in primo tempo accusò Andrea Doria di essere stato lui in realtà il responsabile del furto.Poco tempo dopo a Bologna Carlo V la nominò Duchessa e questo la rallegrò. Fino alla fine dei suoi giorni dire sse lla sua tenuta agricola a Solarolo vicino a Faenza. Isabella morì a Mantova il 13 febbraio del 1539. Venne sepolta nella chiesa di Santa Paola a Mantova, ma il corpo fu trafugato.

© Imelde Corelli Grappadelli, March 2023

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