Il 5 giugno1946 Umberto II di Savoia, perso il referendum, ordinò al Ministro della Real Casa Falcone Lucifero, di consegnare i Gioielli della Corona Savoia nelle mani del Governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi perché li conservasse nel caveau della Banca d'Italia a disposizione di chi di diritto.Il Governatore replicò "questi gioielli erano i suoi, nessuno gli avrebbe chiesto nulla se egli avesse continuato a tenerli". Il 13 giugno dall'aeroporto di Ciampino l'ultimo re di Italia volò verso il Portogallo dove raggiunse la famiglia in esilio.I Gioielli della Corona ad oggi sono custoditi nel caveau della Banca d’Italia dove furono riposti nel 1946, conservati all'interno di un astuccio di pelle a tre vassoi,che misura cm. 39x31x20, con chiusura a chiave, incartato in un foglio di carta catramata e sigillato con 11 sigilli: 5 sigilli del Ministero della Real Casa, 3 della Banca di Italia di Roma, 3 della Banca di Italia -Cassa Centrale - reparto controllo.Il verbale di deposito riporta la perizia ad opera del Sig. Davide Ventrella, presidente della Federazione Nazionale Orafi d'Italia, che fece una dettagliata descrizione degli oggetti inventariati, dichiarati tutti gioie autentiche e di rilevante valore, ma non li stimò perché non richiesto. Per una superficiale curiosità studiando i verbali ho contato circa 6.298 diamanti di vario peso e taglio per un totale di 1.702 carati, un eccezionale diamante rosa dono del maresciallo Marmont, 64 perle rotonde e 11 perle a goccia.Il nucleo dei Gioielli della Corona nasce la notte del 29 luglio 1900, a Monza, quando re Umberto I muore assassinato per mano dell'anarchico Gaetano Bresci.Quattro giorni più tardi la Regina Margherita, di suo pugno, sotto l'elenco dei gioielli scrive questo biglietto d’accompagnamento: "I gioielli della Corona sono stati consegnate a sua Maestà Regina Elena, mia nuora, il giorno 2 agosto1900, in Monza. Margherita".Da questo momento in poi esisterà il Tesoro dei Gioielli della Corona Savoia, che saranno indossati dalla Regina Elena nelle occasioni ufficiali, previa una richiesta formale scritta e verbale ed emissione di ricevuta di avvenuta restituzione.
La Regina Maria José non li indossò mai. Questi gioielli di straordinaria bellezza e valore erano stati regalati alla Regina Margherita dal re Umberto I riutilizzando pietre, diamanti e perle di proprietà della famiglia Savoia, veri capolavori d’arte orafa piemontese, in gran parte realizzati dal gioielliere Musy di Torino.La storia di questo tesoro conosce momenti drammatici durante gli ultimi anni della guerra: la sera del 6 settembre 1943, re Vittorio Emanuele III, convocò a villa Savoia il direttore capo della Ragioneria del Ministero Di Casa Reale Livio Annesi e il direttore generale del Ministero della Casa Reale conte Vitale Cao di S.Marco perché mettessero al sicuro i gioielli della Corona. Erano custoditi nella cassaforte n.3 del Palazzo del Quirinale ed era lì che la Regina quando doveva indossarli faceva formale richiesta e alla restituzione firmava la ricevuta di reso.Decisero di portarli alla Banca di Italia e così fecero, presero l'astuccio di pelle lo avvolsero in un foglio di carta anonima e lo depositarono nel caveau della banca .Compiuta l’operazione Livio Annesi e Vitale Cao di S. Marco si recarono al Banco di Roma facendo un’operazione analoga aprirono una cassetta di sicurezza che lasciarono naturalmente vuota. In questo modo avevano depistato il luogo del reale deposito.Dopo pochi giorni la situazione politica italiana precipitò, a Napoli i tedeschi avevano razziato il contenuto delle cassette di sicurezza di Banche ed Istituti di credito devastandoli. In tutta fretta si decise di ritirare i gioielli dal deposito della Banca d’Italia e di nasconderlo in altro luogo. Ma come fare? Era veramente rischioso. Il 23 di settembre al mattino si decise di incaricare il Comandante dei Corazzieri Ernesto De Sanctis del ritiro dell'astuccio dalla Banca d'Italia quando la stessa banca era già controllata dai paracadutisti tedeschi.Narrano che De Sanctis, accompagnato da un suo ufficiale di ordinanza, entrò con passo sicuro dicendo di essere atteso dal direttore della Banca d'Italia Luigi Einaudi; in brevissimo tempo gli fu consegnato il tesoro che fu subito miracolosamente riportato al Quirinale.Di nuovo Livio Annesi e Vitale di S. Marco pensarono di nasconderlo sottoterra usufruendo di un cunicolo scavato nel XVI secolo sotto la "Manica Lunga” costruito per collegare il Quirinale con Palazzo Barberini verso la chiesa di S. Andrea al Quirinale.I due aiutati nell’impresa dal muratore Fidani scavarono una nicchia del muro del cunicolo, inserirono il pacchetto e la chiusero ricoprendola con grosse pietre trovate lì vicino. Pochi giorni dopo un ufficiale tedesco accompagnato da due sottufficiali chiese di incontrare Livio Annesi e pretese il tesoro della Corona Savoia per il Führer mostrando l'Ordine scritto.Ma Annesi rispose rammaricato che il tesoro non c'era più e che il re lasciando la capitale lo aveva portato con se, ma l'ufficiale tedesco volle ispezionare ugualmente la cassaforte del Quirinale n.3 che naturalmente trovò vuota.Il 6 giugno 1944 al rientro di Umberto di Savoia come luogotenente del Regno, al Quirinale, venne riportato alla luce il tesoro e rimesso al suo posto nella cassaforte n.3.Il 9 Maggio 1946 il re Vittorio Emanuele III abdicò in favore di suo figlio Umberto II. Da Napoli Vittorio Emanuele ed Elena, col titolo di conti di Pollenzo, partirono per l'esilio verso l'Egitto, prima di lasciare l'Italia il re scrisse a De Gasperi una lettera nella quale dichiarava che voleva lasciare al popolo italiano il Corpus Nummorum Italicorum, la sua collezione di monete antiche composta da 90.000 pezzi, per ripagare lo Stato Italiano di quanto speso per il suo appannaggio per i quarantacinque anni di suo regno.Attualmente questa straordinaria collezione dal valore inestimabile non ha ancora trovato una collocazione. Una parte è esposta nel piano seminterrato di Palazzo Massimo alle Terme a Roma.
© Imelde Corelli Grappadelli, October 2016
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