GIOIELLO IDEALE

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2022/03/22

PAOLO, FRANCESCA E GIANCIOTTO TRA AMORE E MORTE: LA STORIA CHE DIVENTA LEGGENDA

"Quali colombe dal disio chiamate ......" Dante, Inferno, canto V, 82

Venerdì 8 aprile 1300, sera, Dante e Virgilio entrano nel secondo cerchio dell’Inferno dantesco e incontrano Minosse.
Il giudice infernale  ascolta i peccati delle anime dannate e attorciglia la sua coda attorno al loro collo indicando così il numero del cerchio da raggiungere per scontare la pena eterna, ma si infastidisce nel vedere che Dante è vivo e lo ammonisce a non fidarsi di Virgilio che a sua volta lo zittisce dicendogli che il viaggio è voluto da Dio: ”così si fa come si vuole..”
Dante e Virgilio possono proseguire il loro cammino ed entrano nel cerchio dei lussuriosi “i morti violentemente per amore” dove riconoscono tante anime: Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride,Tristano ma non due spiriti che volano accoppiati ed è con loro che Dante vuole parlare.
I due si staccano dalla schiera dei dannati e volano verso Dante come due colombe che vanno verso il loro nido, sono un uomo e una donna la quale parla ringraziandolo per la pietà provata verso di loro. Poi si presenta, dice di essere nata a Ravenna e di essere legata in modo indissolubile all’uomo che le sta accanto nella morte, furono entrambi assassinati e la Caina al IX cerchio dell’inferno attende il loro assassino.
Dante è turbato, colpito dal loro legame di amore tale da portarli alla perdizione e chiede a Francesca di raccontargli cosa successe: così Francesca narra di un giorno in cui lei e Paolo leggevano per divertimento un libro che parlava di Lancillotto cavaliere e della regina Ginevra, ma la lettura li coinvolse cercandosi con lo sguardo e quando lessero il punto in cui è descritto il bacio fra i due amanti anche loro si baciarono e interruppero la lettura del libro che fece da mezzano alla loro relazione amorosa.  Francesca parla e Paolo resta in silenzio piangendo, Dante sopraffatto da tanto amore è turbato e sviene.

Paolo e Francesca  a Ravenna.

1270 Ravenna è una città fiorente sotto l’amministrazione dell’arcivescovo Filippo (1251-1270) il legato pontificio della Romagna, ma alla sua morte iniziarono lotte intestine tra le  famiglie ravennati  Traversari e Da Polenta per conquistarne la Podestà.
La famiglia Traversari  è senza dubbio la più importante, di antichissimo lignaggio, proveniva da una località a sud di S.Pietro in Vincoli al confine fra il ravennate e il forlivese. Nella seconda metà del V secolo Teodoro il capostipite di questa casata fu un generale al servizio di Odoacre, re degli Eruli che il 23 agosto 476 fu proclamato Re di Italia dalle sue truppe, segnando la fine dell’Impero Romano d’Occidente, finché Teodorico l’Ostrogoto, incaricato da Zenone, imperatore dell’impero Romano d’Oriente dopo avere conquistato Ravenna lo sconfisse. La storia racconta che il 15 marzo 493 Teodorico invitasse Odoacre ad un banchetto per sancire la pace ma lo uccidesse trafiggendolo con la spada.
Teodoro Traversari al servizio di Odoacre aveva ricoperto importanti e prestigiosi incarichi arricchendosi tanto da edificare un suo castello fra Bagnacavallo e Ravenna in una località che oggi si chiama Traversara  vicino al fiume Lamone. Teodoro riuscì a  mantenere i suoi incarichi ed interessi anche sotto il regno di Teodorico migliorando notevolmente la sua condizione sociale diventando Duca, titolo trasmissibile alla sua discendenza, poi Prefetto di Ravenna, quindi Patrizio e poi Console.
Anche con la caduta di Teodorico e l’avvento dei Bizantini la famiglia Traversari riuscì a mantenere  le importanti cariche istituzionali e il ruolo prestigioso raggiunto e numerosi furono i personaggi di questa famiglia  famosi in tutti gli ambiti, anche quello religioso come S.Romualdo (952) il fondatore dell’Eremo di Camaldoli nel Casentino e della Congregazione camaldolese dell’Ordine Benedettino che era figlio del duca Sergio degli Onesti e di Traversara Traversari. Nel 1000 un ramo della famiglia si trasferì a Venezia ottenendo il patriziato e cambiando cognome in “Da Lezze”, mentre il ramo ravennate continuava ad incrementare territorio, da Adria a Comacchio a Imola, Cervia, Faenza, Rimini, Iesi e Ancona. Era la famiglia ghibellina più importante di Ravenna; si ricorda che nel 1226 Pietro III Traversari ricevette l’imperatore Federico II di  Svezia a Ravenna e che lo aiutasse a formare l’esercito per combattere la seconda Lega Lombarda.
Tuttavia nel 1239 i Traversari  diventarono Guelfi fedeli al Papa. La reazione dell'imperatore fu immediata e feroce. L’8 agosto 1240 morì Paolo II Traversari senza avere un successore, Federico II marciò repentinamente contro  Ravenna e dopo 3 giorni di assedio la conquistò, entrò in città e cacciò i Traversari (15 agosto 1240).
I membri della famiglia Traversari che si salvarono dal massacro furono esiliati in Puglia e solo alla morte di Federico II, come da lui deciso nel testamento, poterono rientrare a Ravenna riprendendo titoli e beni. Le tre figlie di Paolo II subito si sposarono  legandosi alle tre famiglie reali più importanti:  Ayca  sposò Filippo Augusto poi Re di Francia, Elisabetta sposò Stefano figlio del re di Ungheria e Tramontana sposò il re Alfonso II d’Aragona e Provenza.
La famiglia ben presto riprese gli antichi fasti e nuovamente li ritroviamo Podestà di Ravenna fino al 1275 con Teodoro Traversari che sarà l’ultimo a ricoprire questa carica.
La famiglia Traversari era anche  imparentata con la famiglia da Polenta perché Caterina
una figlia di Paolo II Traversari che sposò Lamberto da Polenta, fu la madre di Guido e nonna di Francesca “da Rimini”.
La famiglia Da Polenta molto più modesta e senza alcuna discendenza notabile,  proveniva dal castello di Polenta nel territorio di Bertinoro, e nel XII secolo si era trasferita a Ravenna dove in breve tempo aveva acquisito una certa rilevanza, sopratutto come enfiteuti e funzionari religiosi. Di sicura matrice guelfa decise di mettersi in gara per la podestà della città di Ravenna, che era sotto il controllo della famiglia Traversari.
Il capostipite della famiglia da Polenta è Guido il Vecchio, (1250-1310) la madre è una Traversari, Caterina, figlia di Paolo II, sposato con Fontana ha nove figli, i più autorevoli sono Lamberto,(-1316) abile diplomatico signore di Ravenna, Bernardino (-1313) signore di Cervia dopo avere sposato Maddalena Malatesti, Francesca (-1286?) che sposò Giovanni Malatesta detto Gianciotto,  Ostasio che sarà il padre di Guido Novello.
La famiglia da Polenta originaria si era divisa in due rami: Guido Riccio da Polenta ghibellino  che governava sui territori comacchiesi e che si schiererà con i Traversari, e Guido il Vecchio guelfo che mantenne i possedimenti a Ravenna.
La famiglia da Polenta  dal 1275 al 1444 terrà incondizionatamente la podestà di Ravenna, un ricordo va a Guido Novello da Polenta (1275-1333) figlio di Ostasio, sposato a Caterina Malabocca contessa di  Bagnacavallo che  ebbe quattro figli e fu podestà di Ravenna dal 1316 al 1322. Fu il grande mecenate di Dante Alighieri che accolse nel suo palazzo a Ravenna, un cenacolo culturale di comuni interessi umanistici. Guido incaricò Dante di una missione diplomatica e lo inviò a Venezia nel 1321 per dirimere la disputa sul commercio del sale delle saline di Cervia. Dante riuscì nell’intento ma rientrando a Ravenna vicino a Comacchio contrasse la malaria e di li a poco morì. Guido Novello gli dedicò funerali solenni nella Basilica di San Francesco. L’anno seguente Guido Novello diventato Capitano del popolo a Bologna, lasciò la signoria al fratello Rinaldo, arcivescovo, che fu assassinato dal nipote Ostasio.
Guido tornato prontamente a Ravenna morì combattendo per riprendere la città dai suoi parenti.
Ma torniamo al 1275.
Per riuscire nell’ambizioso progetto di diventare podestà Guido da Polenta ha bisogno di un alleato forte e sicuro che lo porti alla vittoria certa contro i Traversari e questo poteva essere Malatesti da Verrucchio, il Mastin Vecchio, quindi è con lui che iniziano le trattative segrete per stringere alleanza.
La famiglia Malatesti discende dalla Gens Cornelia, quindi da Scipione l’Africano, così come ci ricorda il loro  simbolo, un elefante  avvolto in un cartiglio su cui è scritto “Elephas indus culicet non timet” l’elefante non teme la zanzara. 
Questa famiglia dalla Marca si spostò a Verrucchio e poi a Rimini dove governerà fino al 1528.
Si contano tre rami cadetti: i Malatesti di Sogliano, i Malatesti di Ghiaggiolo, i Malatesti conti di Santa Maria Capua Vetere. Dante chiamerà Mastin Vecchio Malatesti da Verrucchio che è un soldato che si muove nelle file ghibelline, ma nel 1248, dopo la sconfitta di Federico II nella battaglia di Parma Fornovo, si schierò con il Papa diventando Guelfo, nel 1295 scaccia i ghibellini da Rimini e diventa Podestà fino alla sua morte nel 1312.
Ebbe due mogli Concordia dei Pandolfini che gli dette tre figli: Giovanni (-1304) detto Giangiotto, Paolo il Bello (-1285), Malatestino (-1317) “quel traditore che vede pur con l’uno” (Inferno XXVIII, 76, 90), e dalla seconda moglie Margherita Paltromeri detta Taddea un solo figlio Pandolfo I (-1326) signore di Rimini dal 1317.
La discendenza di Mastin Vecchio diede vita alla signoria di Rimini: tra tutti desidero ricordare  Sigismondo Pandolfo “il lupo di Rimini” (1417-1468) che fu uno dei più audaci condottieri della sua epoca, ma perse quasi tutto il suo territorio, il fratello Domenico sposato a Violante da Montefeltro (1429-1465) ultimo signore di Cesena e fondatore della Biblioteca Malatestiana, la prima biblioteca civica d’Europa, infine Pandolfo IV (1475-1534) detto Pandolfaccio un incapace che fu costretto a vendere la Signoria di Rimini per 2900 ducati alla Repubblica Veneziana e con lui si concluse la signoria malatestiana.
Mastin vecchio ripone grande fiducia nel figlio soldato Giovanni detto da Dante “Zotto” (Inferno V, 73-142) per via di una malformazione fisica, Giangiotto, lo sciancato.
Ottimo cavaliere coraggiosissimo, combattè al fianco del padre per aiutarlo ad insediarsi nei territori contesi ai Montefeltro. Dal 1288 al 1304 fu podestà di Pesaro per cinque volte.
Si sposò due volte, la prima con Francesca da Polenta da cui ebbe due figli, Francesco morto alla nascita e Concordia. In seconde nozze sposò Zambrasina degli Zambrasi di Faenza figlia di Tebaldello, da cui ebbe cinque figli.
Di Francesca da Polenta figlia di Guido, la prima moglie, non si conosce la data di nascita ne quella di morte. In realtà di Francesca non si hanno documenti ad eccezione di una clausola del testamento di Mastin il Vecchio in cui dice: ”che non diano molestia gli eredi per la dote da lui avuta dalla fu Francesca già moglie del fu Giovanni suo figlio e madre di Concordia.”
La storia di Francesca è il frutto della tradizione cortese e della vox populi raccolta dai Commentatori danteschi, Jacopo Alighieri e Ser Graziolo dei Bambaglioli.
Il personaggio di Francesca così delicato e innocente che noi conosciamo e che la tradizione racconta è quello che Giovanni Boccaccio dipinse nelle sue lezioni sopra la Commedia il gennaio 1374 nella chiesa di santo Stefano della Badia a Firenze. Diventa un personaggio cortese, innocente, vittima dell’amore. 
Ritorniamo a Ravenna, al 1275  dove impazza la battaglia tra i da Polenta e i Traversari .
Le due fazioni sono schierate ma il successo non è sicuro, occorre agire d’astuzia.
I Traversari si sono alleati con Guido Riccio da Polenta ghibellino. Guido da Polenta invece segretamente aveva stretto un accordo con i Malastesti.
Sembra su consiglio di Lamberto, il figlio maggiore di Guido, si addottò una strategia:
tutti i famigli della famiglia da Polenta con masserizie, animali, bambini furono mandati al sicuro a Bertinoro, le case sembravano abbandonate ma in realtà c’erano rimasti ben nascosti i soldati. I Traversari si avvicinarono alle case sicuri di trovarle deserte perché delle spie li avevano informati che i da Polenta erano fuggiti, invece all’improvviso  uscirono i soldati con le spade sguainate mentre alle loro spalle si schierarono cento fanti di Giangiotto che li bloccarono impedendone la fuga.
La vittoria fu schiacciante e totale: il vittorioso Guido da Polenta  diventò Podestà della città di Ravenna inaugurando il trionfo della casa da Polenta con cariche da Rettore e Console, lo stemma un aquila rossa su fondo oro.
Francesca fu il prezzo pagato dal padre Guido per la vittoria ai Malatesti, la sua adorata figlia, bellissima, di lei si sta già parlando nelle corti, intelligente e sapeva leggere.
Il pensiero di dare in sposa la sua adorata figlia forse sarà stato edulcorato dal pensiero che prima o poi come moglie di Gianciotto sarebbe diventata signora di Rimini.
Le nozze furono celebrate per procura, non ci fu una cerimonia religiosa e il contratto fu firmato in conformità alla legge davanti al notaio, ma non era presente Giangiotto bensì il bellissimo fratello Paolo.
Perché Gianciotto delegò il fratello? Come dice Boccaccio: ”voi dovete sapere chi è vostra figliola, e quanto ell’è di altiero animo; e se ella vede Gianciotto, avanti che il matrimonio sia perfetto, ne voi ne altri potrà mai fare che ella il voglia per marito”.
Probabilmente nella realtà Giovanni non poteva tornare a Ravenna per sposarsi perché richiamato dal padre a Rimini, deve proteggerlo da un imminente attacco dei Montefeltro che volevano riprendersi i territori di Roversano e Cervia.
Quindi fu incaricato Paolo il bello di recarsi a Ravenna e a condurre Francesca a Rimini.
Francesca doveva avere circa quattordici anni, Giovanni molti di piu. 
Paolo il bello, “uomo piacevole e costumato molto” era già sposato con Orabile Beatrice dei conti Severi di Ghiaggiolo ed era padre di due figli Uberto e Margherita.
La leggenda dice che Francesca fu colpita dalla sua bellezza e accettò volentieri di sposarlo, credendo che fosse lui lo sposo, poi seppe la verità, che era un matrimonio per procura!
Il banchetto nuziale durò fino al giorno successivo, il cibo prelibato è ricercato, dal pane bianchissimo al pasticcio di anguille, dal vino bianco e rosso ai capponi, vitelli, capretti e tantissime spezie e confetti per rispecchiare il prestigio e il benessere dei nuovi signori di Ravenna.
Il legame con la famiglia Malatesti fu ulteriormente suggellato col matrimonio tra Bernardino da Polenta con Marianna Malatesti che diventerà signore di Cervia.
Il viaggio per raggiungere Rimini durò il tempo necessario fermandosi nelle locande a mangiare e proseguendo il viaggio, fino ad arrivare al rione Cittadella dove era la Domus dei Malatesti e fu li che Francesca incontrò il suocero Mastin Vecchio, la seconda moglie Margherita sua coetanea e Giovanni. Si racconta che lei fosse bellissima coi capelli scuri e occhi chiari, lui bruttissimo, capelli rossi e viso barbuto.
Paolo era ripartito subito per tornare a Ghiaggiolo dalla moglie Orabile Beatrice de Severi.
Di Paolo si diceva che fosse affascinante, bellissimo, coraggioso, ottimo politico, incantatore di uomini e donne, valoroso guerriero.
La moglie  Orabile Beatrice è ultima discendente di un ducato bizantino Ghiaggiolo, zona di valico tra la Romagna e la Toscana, ambita dalle famiglie Severi che l’ottennero, dai Montefeltro, dai Malatesti, dai Guidi di Bagno.
Castel Ghiaggiolo si trova sull’Appennino e dipende dalla Chiesa di Ravenna nella diocesi di Forlimpopoli, oggi è una frazione di Civitella di Romagna. I Montefeltro l’ambivano poiché Guido da Montefeltro aveva sposato la zia di Orabile Beatrice, per cui vantava delle pretese sul territorio, ma fu più scaltro Mastin Vecchio, nemico del padre che aveva tentato di spogliare di tutte le sue terre, che la fece sposare al figlio Paolo.
I Severi erano una famiglia ghibellina, ma 1268 con la morte di Corradino di Svevia, tutto era perduto, il 28 agosto 1269 a Urbino Orabile Beatrice nella chiesa di Santa Croce cedeva tutto quanto possedeva a Ludovico quondam Rinaldo delle Camminate che era procuratore malatestiano.
Quindi il matrimonio con Paolo Malatesti che segnò l’inizio di un nuovo ramo della famiglia, i Malatesti da Ghiaggiolo.
Dante nel XXX canto dell’Inferno ricorda indirettamente Margherita da Ghiaggiolo, la figlia di Paolo e Beatrice Orabile, che aveva sposato un conte dei Guidi di Romena. Infatti Dante fa parlare il maestro Adamo, il falsario condannato alla idropisia nella bolgia dei falsificatori. Adamo è l’orafo incaricato dai Guidi di Romena di falsificare il conio fiorentino, arrestato proprio mentre a Firenze spendeva il denaro contraffatto, per cui fu condannato al rogo: era il 1281. L’astio che prova nei confronti di Guido, Alessandro Aghinolfo da Romena è tale da superare il dolore della pena stessa, ma non dimentica la bellezza delle terre Casentinesi: ”Li ruscelletti  che di verdi colli del Casentin discendono giusto in Arno facendo i lor canali freddi e molli, sempre mi stanno innanzi…”
Paolo sposando Orabile Beatrice doveva controllare e difendere la contea di cui era diventato proprietario, era un compito gravoso vigilare e difendersi dalle incursioni dei Montefeltro, quando il 6 marzo 1282 papà Martino IV volle che la carica di Capitano del Popolo a Firenze fosse ricoperta da Paolo Malatesti, signore di Rimini, Conte di Ghiaggiolo.
Paolo avrebbe dovuto svolgere il ruolo di giudice e di conservatore della pace, ma le cose andarono diversamente.
A Firenze dopo la morte di Federico II (1250) nasce il Governo del Primo Popolo che vede l’ascesa al potere delle Arti, cioè quella Gente Nova descritta da Dante costituita da mercanti, giuristi e banchieri. Nasce il Consiglio dei 12 anziani con due rappresentanti per ogni sestriere, il Consiglio dei 36 Buonomini, il Capitano del Popolo che andò ad affiancare con le stesse funzioni, il Podestà che era eletto dalla classe aristocratica. Queste due magistrature si avvalevano di un consiglio costituito rispettivamente da 90 e 300 uomini. Durante il trentennio 1250-1280 ridussero progressivamente la loro importanza.
Quando Paolo Malatesti accettò l’incarico di Capitano del Popolo avrebbe dovuto svolgere il ruolo di giudice e di conservatore della pace, ma l’istituzione del Priorato delle Arti ne limitò il potere annullandogli alcune sentenze, inoltre in seguito alla battaglia di Castiglion della Pescaia contro Pisa, rimase ferito a un braccio quindi rassegnò le dimissioni e se ne tornò a Rimini a farsi curare dagli ottimi medici della famiglia Malatesti.
Gennaio 1276  Mastin Vecchio convoca tutti i suoi figli, per intervento di Berlingerio degli Amorosi procuratore di Rimini fu indetto un incontro per rappacificare i Malatesti guelfi con i Montefeltro ghibellini, sotto la mediazione dell’arcivescovo di Ravenna Bonifacio.
Anche Paolo partecipa.
1277 Francesca partorisce il suo figlio primogenito Francesco che morirà di li a poco. Questo dolore strazierà il suo animo al punto da farla ammalare e deperire. Il piccolo Francesco fu sepolto nella chiesa di San Francesco dove è ancora oggi.
1278 nuovamente Mastin vecchio convoca i figli e Paolo tornato a Rimini incontra Francesca distrutta e sofferente dal dolore che leggeva un libro: ”Lancelot in prose” e in quel momento seppe di essere perduto per sempre e la baciò. Così come racconta Dante: ”quali colombe dal desio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido”.
1279 riprendono gli intrighi per destabilizzare i Montefeltro. I Malatesti giurano fedeltà al papa Nicolò III e questo avrebbe permesso loro di consolidare la loro forza nel forlivese. Ghiaggiolo doveva giurare fedeltà al Malatesta Mastin Vecchio per avere la sicurezza di essere difeso e protetto. Giangiotto e Francesca lasciano Rimini per trasferirsi a Pesaro dove di li a poco Giovanni sarebbe diventato podestà. Francesca è di nuovo incinta e questa volta darà alla luce una bambina che chiamerà Concordia come la amata mamma di Giovanni.
A Pesaro si riuniscono ancora una volta i tre fratelli, Malatestino, Paolo, Giovanni.
Malatestino “quel traditor che vede pur con l’uno” era un ottimo osservatore, scaltro politico, soldato, curioso. Perderà un occhio nel 1283 nello scontro coi Pisani a Castiglion delle Pescaie dove era andato a combattere al fianco del fratello Paolo.  Gina Fasoli (1905-1992) studiosa di storia medioevale si interrogò sul perché mai Dante detestasse così tanto i Malatesti concludendo che nel 1301 Malatestino era entrato a Firenze con Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello re di Francia, chiamato da Bonifacio VIII per rovesciare il governo dei Guelfi bianchi e mettere in signoria i Guelfi neri. Dante che era un Guelfo bianco era a Roma e fu condannato in contumacia all’esilio.
1282 Francesca e Giovanni rientrano a Rimini proprio mentre Paolo sta per diventare Capitano del Popolo a Firenze.
Sembra che Giovanni fosse dispiaciuto di non essere stato scelto lui a ricoprire quella carica, se non altro per tutto l’impegno profuso negli anni a combattere per il padre contro i Montefeltro.
Paolo parte per Firenze che lo aveva affascinato con la sua bellezza, ma i fiorentini non lo vogliono e istituiscono la carica del Difensore delle Arti che ha avocato a se numerosi incarichi spettanti al Capitano del Popolo. La goccia che fece traboccare il vaso fu la condanna a morte di Bonaccorso degli Alisei reo di avere protestato contro la ingerenza dei priori sulla Costituzione del cardinale Latino Malabranca che regolamentava la pacifica convivenza di Guelfi e ghibellini.
1283 i fratelli Malatesti sono di nuovo a Rimini mentre Giovanni riparte per andare a combattere in Montefeltro.
1285 Malatestino  rimase menomato dalla ferita al volto e trascorse un lungo periodo di convalescenza a Rimini conoscendo momenti di grande scoramento. Sembra che in questo frangente cominciasse ad osservare Francesca e Paolo e sembra accorgersi del loro amore. A questo punto decise di denunciarli al fratello Giovanni. E Giovanni detto Gianciotto si vendicò.
Corse nella stanza di Francesca, la porta era chiusa, lui urlò di aprire, lei impaurita ubbidì mentre Paolo si calava dalla finestra rimanendo malauguratamente agganciato ad un chiodo, per cui non riuscì a fuggire. In quel mentre entrò Gianciotto lo vide e corse verso di lui con la spada sguainata pronta a colpirlo mentre Francesca si parò con il suo corpo per proteggerlo, ma la spada con un solo fendente li trafisse entrambi.
Mastin Vecchio informò Guido da Polenta dell’accaduto, la loro alleanza non andava intaccata, quello che era successo doveva essere insabbiato dimenticato se non volevano che i loro nemici si avvalessero di un vantaggio. Non avrebbero permesso a nessuno di raccontare o scrivere della vicenda, avrebbero tacitato le voci. Giovanni aveva rivendicato un suo diritto punendo l’infedeltà della moglie con la morte. Lui non l’avrebbe condannato per l’uccisione del fratello Paolo e Guido non avrebbe chiesto vendetta per la perdita della figlia. Malatesta avrebbe procurato in tutta fretta una nuova moglie a Giovanni e la bambina Concordia sarebbe entrata in convento. Quella brutta faccenda doveva essere cancellata dalla storia per sempre.
Dante aveva conosciuto a Firenze Paolo il Bello, il Capitano del Popolo, grazie a Cavalcanti e ne aveva approfondito la conoscenza, era un uomo piacevole, colto, intelligente.
Giovanni sposò in tutta fretta Ginevra detta Zambrasina degli Zambrasi figlia di Tebaldello di Faenza, colui che “aprì Faenza quando si dormia per darla ai Geremei di Bologna” (InfernoXXXII,122) ebbero cinque figli: Malatestino, Guido, Ramberto, Margherita, Rengarda.  Zambrasina fu sepolta a Rimini nella chiesa di San Francesco nell’arca vicino a Francesco il primo figlio morto di Gianciotto e Francesca.

© Imelde Corelli Grappadelli, March 2022

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